La bellezza misteriosa e malinconica nascosta nell’attimo
Yūgen (幽玄) è uno dei concetti estetici più affascinanti e profondi della cultura giapponese, ed è difficile da tradurre con precisione in altre lingue perché non si riferisce a qualcosa di visibile o facilmente descrivibile, ma a una sensazione sottile e profonda.
Cos’è lo yūgen?
In senso letterale, yūgen unisce i kanji di “misterioso” (幽) e “profondo/oscuro” (玄), e si può rendere, in modo molto approssimativo, come “profondità misteriosa”. È la bellezza che si intuisce ma non si mostra tutta, quella che evoca più che spiegare, suggerisce più che rivelare. È il senso di meraviglia e malinconia che si prova davanti a una nebbia che avvolge le montagne, al volo di uno stormo che scompare all’orizzonte, al suono lontano di una campana, al rumore del vento. È una bellezza velata, che lascia spazio all’immaginazione, al silenzio, al sentimento dell’impermanenza.

Yūgen lo possiamo trovare in quelle brevi poesie chiamate haiku, poche parole, ma capaci di evocare un intero universo emotivo, nel teatro Nō, con i suoi movimenti lenti, i silenzi, le maschere che celano più che mostrare, nella pittura e nella cerimonia del té, dove la semplicità e l’incompiutezza diventano forme elevate di raffinatezza, nelle composizioni floreali Ikebana, l’arte di comporre i fiori e farli vivere.


Il concetto espresso con questa parola è molto orientale, ma possiamo vivere lo yūgen anche qui in occidente. Andare in giro con una macchina fotografica è la maniera più intensa per scoprire, guardando con attenzione tra le pieghe dei nostri boschi, del mare e della natura, che la materia, anche quando sembra immobile e quasi eterna, cela in realtà un aspetto molto dinamico, in perenne trasformazione, e chiunque può percepire questo mistero, non è necessario essere dei capoccioni per entrare in contatto con aspetti forse non immediatamente visibili, ma vivi e presenti, reali come carne ed ossa. Perché yūgen ci invita a rallentare, a guardare oltre l’ovvio, a cogliere la bellezza nell’invisibile, nel non detto, a coltivare uno sguardo sensibile, quasi meditativo, è una forma di educazione estetica ed emotiva.



